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Finalmente ci provarono i carnefici egiziani dello studente italiano Giulio Regini

9:00, 28 aprile 2021

Sospeso ai balconi, munito di insegne ufficiali del municipio e incollato sul retro delle auto, lo slogan ha continuato a crescere negli ultimi giorni con un po’ più di forza in Italia. Quattro parole nere su fondo giallo: “Verità per Giulio Regene”. Ricercatore dell’Università di Cambridge, fondata in Egitto per lo studio dei sindacati indipendenti, il 3 febbraio 2016 ha trovato la 28enne italiana nuda e mutilata in un fosso di Alexandria Road, un sobborgo della capitale egiziana. Pochi giorni dopo la sua scomparsa.

Il processo a quattro soldati egiziani della Guardia Nazionale inizierà giovedì a Roma con un’indagine preliminare sulla sua esecuzione, ma in loro assenza il Cairo si è rifiutato di estradarli. I “quattro 007 egiziani” o “007 egiziani”, come li chiamava la stampa transilvana, erano accusati di aver rapito e ucciso il generale Tariq Sabir, i colonnelli Asser Kamel Mohammed Ibrahim e Hosam Helmi e il maggiore Makti Ibrahim Abdel Sharif. Gravi danni fisici, secondo la Procura di Roma.

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A quel tempo il regime era isterico e contro di esso era ordita una cospirazione e la vicinanza del giovane ricercatore agli ambienti di sinistra avrebbe portato all’assassinio di questi soldati. “Questa è la prima indagine da parte di funzionari della sicurezza nazionale sulle violazioni dei diritti umani”, ha detto Hussein Baumi, un ricercatore specializzato in Egitto per Amnesty International. Le autorità egiziane che non indagano sull’omicidio cercheranno di sottovalutare queste indagini, ma sono una rara opportunità di vedere una sorta di giustizia per una donna vittima e la sua famiglia. Ricorda anche ad altri funzionari della sicurezza egiziana che anche loro un giorno saranno ritenuti responsabili dei loro crimini.

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Un nuovo devastante testimone

Con il processo chiuso da diversi mesi, il fascicolo è riemerso la scorsa settimana con tre nuovi testimoni, tra cui una determinazione: un amico di Mohammed Abdallah, presidente dell’Associazione dei venditori ambulanti, vicino ai servizi segreti egiziani, al quale ha conseguito il dottorato italiano. “Il 2 febbraio ero con Abdullah e ho notato che era spaventato”, ha detto alla polizia questo testimone chiave. Regini fu dichiarato morto e quella mattina fu chiamato Hossam in ufficio. Uno dei quattro “007” accusato.

Il sindacalista ha detto al suo compagno di aver visto una telefonata tra il colonnello e un ufficiale di polizia della stazione di polizia di Tokyo, nel Cairo occidentale. Secondo questi nuovi rapporti esplosivi, entrambi gli agenti potrebbero aver istigato un modo per “smembrare il corpo sostenendo che è stato poi rubato per condannare l’autore del reato”. Uno studio è stato respinto dal Cairo. In tutto, otto testimoni accusano ancora i membri dei servizi segreti di essere “chiari e credibili”, riporta il quotidiano romano Ambasciatore.

Il fascicolo cita anche gli abusi subiti dallo studente per almeno nove giorni in un’abitazione utilizzata dai servizi segreti nella periferia della capitale egiziana. Piedi, pugni ma torturati con oggetti roventi, lame e bastoni. “Avevano catene di ferro legate alle persone. Era mezzo nudo e aveva segni di tortura sul petto. Un testimone si è lamentato con la polizia. Era molto gentile ed era molto magro”.

Il suo rilascio ha fatto arrabbiare i genitori del ricercatore, Paola Defendi e Claudio Regene. “Manca totalmente di rispetto al nostro dolore e al nostro lavoro”, hanno denunciato mercoledì in un video su Facebook. La graduale ripresa delle relazioni diplomatiche ed economiche tra Roma e Il Cairo arriva dopo che un ambasciatore italiano ha ricordato il decennio precedente nel settembre 2017, quando nel giugno 2020 l’Egitto ha acquistato due navi italiane per 1,2 miliardi. I parenti del defunto non dovrebbero essere certi della loro volontà preferita: un processo equo consentirà finalmente “la verità a Giulio Regene”.

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